Sono trascorsi centoventi anni dalla morte di Felice Cavallotti, la “camicia rossa” del 1860 che divenne una figura di particolare spicco nella lotta politica del secondo Ottocento nelle file dell’Estrema Sinistra parlamentare.
La sua uccisione in duello, avvenuta il 6 marzo 1898 per mano di Ferruccio Macola,[1] direttore della reazionaria «Gazzetta di Venezia», segnò la ripresa di forti tensioni politiche e sociali e nella brutale repressione operata dal governo.
Appena si diffuse la notizia della morte di Cavallotti fu unanime il dolore e lo sconcerto in quelli che si riconoscevano negli ideali del “bardo della democrazia”, che era stato fiero avversario della svolta autoritaria di Crispi e aveva condotto una strenua battaglia contro la corruzione e il trasformismo.[2]
A Rovigo, la sera dell’8 marzo 1898 furono oltre un migliaio quelli che si diedero appuntamento nel teatro Lavezzo per una dimostrazione in memoria di Cavallotti. Parlarono il repubblicano Italo Pozzato e il direttore didattico Vittorio Gottardi, personalità di spicco del socialismo locale e già vittima della repressione crispina.[3] E quando dalla platea si levò il grido “A morte Macola!”, proprio Gottardi replicò seccamente dicendo che una tale richiesta non aveva niente di umano e che si addiceva piuttosto ai “linciatori americani”.[4] A Rovigo fu avviata subito una sottoscrizione per l’erezione di un ricordo marmoreo al “bardo”. Gli esponenti dei tre partiti del cosiddetto blocco popolare (radicali, repubblicani e socialisti), che sostenevano la giunta guidata dal garibaldino Amos Bernini,[5] fecero propria l’iniziativa. Gottardi inviò una lettera allo scultore trevigiano Antonio Carlini, suo amico e concittadino, invitandolo a presentare al comitato promotore un bozzetto. L’artista, già noto in città per la lapide realizzata nel ’93 in onore di Mazzini, accettò di buon grado e si mise subito all’opera: dopo poche settimane sottopose al giudizio dei committenti alcuni progetti, che in settembre vennero esposti al pubblico. Prima di scegliere il più adatto e di formalizzare l’incarico, il comitato rese noto alla cittadinanza che le 550 lire erano insufficienti e che occorreva superare il migliaio di lire per garantire adeguata copertura all’artistica impresa. Per dare nuovo impulso alla sottoscrizione fu organizzata una commemorazione nel primo anniversario dalla morte: a elogiare la figura e l’opera di Cavallotti, dinanzi ad una sala gremita, giunse il ferrarese Guglielmo Ruffoni, docente di diritto e deputato dell’Estrema Sinistra.[6]
Una dozzina di giorni più tardi, la cittadina di Loreo inaugurarò il primo tributo del Polesine in onore di Cavallotti, con un discorso del medico Carlo Cattani, autorevole esponente del radicalismo adriese.[7] Si trattò di una semplice lapide epigrafica, ma la cerimonia ebbe un notevole valore politico: dopo le brutali repressioni del ’98, infatti, il piccolo omaggio al “bardo della democrazia” si configurò come incitamento a riprendere la sua battaglia di moralizzazione politica e a conservare unità di intenti fra le forze della sinistra radicale, repubblicana e socialista.
A Rovigo nel frattempo fu organizzata una serata di teatro e musica a beneficio della sottoscrizione per la lapide.[8] La raccolta raggiunse un esito soddisfacente, tanto che l’«Adriatico» annunciò come imminente la scelta del bozzetto migliore da parte del comitato, con l’affidamento formale dell’incarico a Carlini.[9] I tempi, tuttavia, non furono così rapidi come sembrava. Soltanto nell’agosto del 1901, infatti, si annunciò l’inaugurazione per il 20 settembre, come deliberato dall’Associazione Radicale Alberto Mario.[10]
Pochi mesi prima il deputato repubblicano Italo Pozzato, a nome del comitato, aveva ottenuto dal governo l’autorizzazione a porre la lapide sulla facciata del Genio Civile, all’inizio della via da poco intitolata a Umberto I.[11]
Il blocco clerico-conservatore, che all’epoca guidava l’amministrazione comunale, riuscì a impedire l’inaugurazione della lapide nell’anniversario della liberazione di Roma, con il plauso del «Corriere del Polesine», che definì peraltro assai inopportuno il sito scelto per la lapide e biasimò il comportamento del governo giolittiano, giudicato colpevolmente arrendevole.[12] Evidentemente il motivo del ritardo non fu soltanto l’ostruzionismo della giunta comunale, dal momento che apprendiamo dalla stampa locale che l’agognata lapide giunse in città soltanto nel maggio del 1904, dopo il ritorno di Amos Bernini alla guida dell’amministrazione cittadina. La netta affermazione elettorale, tuttavia, fu seguita da alcuni mesi di tensione tra i partiti della maggioranza, sia per le divergenze strategiche in seno al partito socialista, sia per l’accentuarsi delle divaricazioni negli obiettivi pratici tra il riformismo della sinistra borghese e l’accentuazione del conflitto di classe da parte dei socialisti “intransigenti”.
Segno eloquente, in tal senso, si colse a Polesella, durante la cerimonia inaugurale di quello che fu il secondo omaggio pubblico eretto il Polesine in onore di Felice Cavallotti: una lapide con borchie dorate e un medaglione marmoreo con la sua effige. Lo scoprimento avvenne il 4 ottobre 1903, in concomitanza con l’inaugurazione della bandiera della locale Società Operaia.[13] Anche stavolta la commemorazione di Cavallotti fu affidata al professor Guglielmo Ruffoni e al deputato repubblicano Italo Pozzato, che parlò della dignità dell’operaio, evitando qualunque sottolineatura in senso classista. Questo certamente non piacque ai socialisti presenti, che rumoreggiarono e vollero che anche lo studente Galileo Beghi prendesse la parola.[14] Alla voce del futuro medico e deputato socialista,[15] tuttavia, venne a sovrapporsi la musica della banda della Società Operaia. Preso atto di ciò, i socialisti preferirono ritirarsi e rendere omaggio a Cavallotti soltanto a cerimonia conclusa: un esito amaro sul quale il settimanale repubblicano «la Lega» invitò tutti a riflettere, al fine di evitare ulteriori e più laceranti contrapposizioni tra i partiti di sinistra, che avrebbero favorito la consorteria clerico-conservatrice.[16]
A Rovigo, invece, l’ormai prossima celebrazione cavallottiana offrì l’occasione per una ricomposizione delle tre forze della sinistra, soprattutto dopo che una stolta decisione prefettizia in occasione del Primo Maggio 1904 aveva causato un tafferuglio tra quanti avevano partecipato alla cerimonia e le forze dell’ordine, rinnovando, seppur per breve tempo, la memoria ancora bruciante delle repressioni crispine e novantottesche[17]. Superato quel frangente, il comitato esecutivo per l’omaggio a Cavallotti fece stampare una circolare in cui annunciava alla cittadinanza che la lapide sarebbe stata inaugurata il 2 giugno, “data cara ai democratici”.[18] Oratori designati furono l’ingegner Paolo Taroni, deputato repubblicano di Lugo, l’avvocato adriese Enrico Berti, redattore della «Lotta» e consigliere provinciale socialista, e per i radicali il professor Guido Cavaglieri, studioso di fenomeni economici e sociali.
L’opera venne descritta ed elogiata dal cronista del «Corriere», benché il giornale fosse su posizioni opposte a quelle del blocco popolare: “Sopra il medaglione di Cavallotti spicca l’aquila romana cinta da una corona d’alloro. Sotto il medaglione, la lira simbolica del poeta, intersecata con foglie d’alloro. Una palma di bronzo attraversa la lapide. Il concetto del lavoro, che si stacca dalle forme solite, è elevato e l’esecuzione accurata, per modo che ne risulta un’opera d’arte pregevole”.[19]
Ampia ed entusiastica cronaca di quella cerimonia inaugurale fu offerta dalla «Lega», organo dei repubblicani del Polesine.[20]
Di quella lapide tanto agognata, purtroppo, pare non sia rimasto nulla. È probabile che il tributo al “bardo della democrazia” sia stato rimosso durante gli anni del fascismo, senza che la stampa di regime ne facesse cenno. L’unica preziosa traccia è costituita da una cartolina commemorativa, che fu stampata in numero limitato dal tipografo rodigino Stanislao Bedinello in occasione dell’inaugurazione.
In Polesine verranno eretti altri due tributi a Cavallotti, entrambi nel 1911. Nel marzo di quell’anno fu inaugurata a Badia Polesine una lapide, con il tondo bronzeo modellato dallo scultore veronese Armando Zago.[21] Il 2 aprile ad Adria gli esponenti locali della democrazia scoprirono una lapide marmorea in onore del “bardo”, eseguita da Arturo Ronconi su disegno del professor Antonio Viaro, direttore della locale scuola di arti e mestieri, con un discorso dell’avvocato e pubblicista repubblicano Innocenzo Cappa.[22]
[1] A. Nave, Il conte Ferruccio Macola. Una vita tra duelli, querele e suicidi, in «Studi Polesani», nuova serie, II, 3, 2010, pp. 99-124.
[2] A. Galante Garrone, Felice Cavallotti, Torino, Utet, 1976; L. Polo Friz (a cura di), Felice Cavallotti. Atti del convegno, Comune di Arona-Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2000.
[3] A. Nave, Cronache del socialismo nel Polesine. Nicola Badaloni, Vittorio Gottardi e la repressione crispina del ’94, in «Studi Polesani», nuova serie, I, 2009, 1-2, pp. 149-165; Id.,“Discorrere col gotto in mano”. Forme di propaganda e organizzazione dei lavoratori a fine Ottocento nell’opera di Vittorio Gottardi, in A. Casellato (a cura di), Il lavoro alla ribalta. Spazi, figure, linguaggi del lavoro e del sindacato in provincia di Treviso da fine Ottocento ai giorni nostri, Treviso, Istresco della Marca Trevigiana, 2012, pp. 23-57.
[4] Per Felice Cavallotti, in «Corriere del Polesine», 9-10 marzo 1898.
[5] G. Berti (a cura di), Amos Bernini protagonista del suo tempo, Rovigo, Minelliana, 2009,
[6] «Corriere del Polesine», 6-7 marzo 1899.
[7] «L’Adriatico», 22 marzo 1899.
[8] Teatro Zamateo, in «Corriere del Polesine», 14-15 e 16-17 marzo 1899.
[9] «L’Adriatico», 27 marzo 1899.
[10] «Il Resto del Carlino», 6-7 agosto 1901. Cfr. Associazione Radicale Alberto Mario, in «La Lega», 10 aprile 1901.
[11] La lapide a Felice Cavallotti , ivi, 23 agosto 1901.
[12] Una lapide a Felice Cavallotti, in «Corriere del Polesine», 5-6 ottobre 1901
[13] «Corriere del Polesine», 28 settembre 1903. Nel municipio di Polesella, oggi, resta soltanto il medaglione con l’effige di Cavallotti.
[14] La festa d’ieri a Polesella, ivi, 5 ottobre 1903.
[15] Cfr. C. Garbellini, Medicina e socialismo nel Polesine. La figura e l’opera di Galileo Beghi (1874-1944), Rovigo, Minelliana, 1986.
[16] La Democrazia a Polesella, in «La Lega», 6 ottobre 1903.
[17] Primo Maggio, ivi, 3 maggio 1904.
[18] Il testo della circolare, datata 15 maggio, è nella «Lega» del 17 maggio 1904.
[19] La lapide a Cavallotti, in «Corriere del Polesine», 2 giugno 1904. Vedi anche l funerale dell’unione dei partiti popolari ossia L’inaugurazione della lapide a Cavallotti, ivi, 3 giugno 1904
[20] «La Lega», 7 giugno 1904.
[21] A. Nave, Virgiilio Milani e la scultura del Novecento nel Polesine, Rovigo, Minelliana, 2004, p. 17. Cfr. G. Salvagnini, Armando Zago. Lo scultore del dolore, Pescia, Centro Studi “Libero Andreotti”, 2003.
[22] Innocenzo Cappa in Adria. La manifestazione di domenica per Felice Cavallotti, in «La Lega», 4 aprile 1911.